La fotografia non è molto bella, ma il film ci dà qualche soddisfazione in più. Questa la metafora cui si è fatto ricorso aprendo la presentazione dei dati OCSE PISA 2012, che vedono l’Italia ancora in ritardo rispetto ai valori medi di riferimento, ma segnalano anche significativi miglioramenti nel lasso di tempo che va dal 2003 a oggi.
Nel periodo considerato, infatti, il nostro Paese risulta fra quelli che hanno compiuto i maggiori progressi. Quanto appena detto, tuttavia, riguarda unicamente l’ambito della matematica e delle scienze, perché per quanto concerne la lettura il posizionamento dell’Italia, su un livello più basso della media, non ha fatto registrare variazioni rispetto ai valori del 2000. Neanche il film, insomma, riscatta la mediocrità della fotografia, in questo caso.
Com’era facilmente prevedibile, la disaggregazione dei dati nazionali porta alla luce notevoli differenze di performance tra regione e regione, con picchi di eccellenza paragonabili ai migliori livelli mondiali e le persistenti criticità localizzate prevalentemente in realtà del centro-sud.
Altro dato da tenere in attenta considerazione è il cosiddetto gender gap, la diversità dei risultati ottenuti da maschi e femmine, con quest’ultime in vantaggio di 38 punti sul versante della lettura (in linea con la media OCSE, che è di 39), ma superate dai loro coetanei in matematica, con uno scarto di 18 punti, nettamente più alto degli 11 che rappresentano la media OCSE. Sostanziale pareggio, invece, tra maschi e femmine nelle competenze in scienze.
Tra i dati di contesto, si conferma quello che vede l’Italia condividere con Messico e Islanda il triste primato negativo del decremento di spesa destinata all’istruzione (-8%) nel periodo 2001-2010. Tutti gli altri paesi dell’OCSE hanno invece aumentato il volume di investimento. Ne deriva che il merito dei progressi fatti registrare dai nostri alunni, mentre è già partita la corsa ad intestarselo da parte di esponenti politici di diverso segno, appartiene senza dubbio al lavoro delle scuole, in condizioni che nel frattempo si sono notevolmente appesantite. A conferma del valore di una risorsa su cui far leva, diversamente da quanto accaduto per troppo tempo.
L’analisi dei dati evidenzia inoltre come il miglioramento dei risultati scolastici sia avvenuto salvaguardando il principio di equità del sistema di istruzione; lo attesta il fatto che l’incidenza delle differenze di status socioeconomico nella variabilità dei risultati si presenta meno alta (10%) rispetto alla media OCSE (15%). Buona anche la percentuale degli studenti cosiddetti resilienti, capaci cioè di superare gli svantaggi socioeconomici di partenza raggiungendo i più alti livelli di competenza (6,5%, con un aumento dell’ 1,7% rispetto al 2003).
La scheda OCSE "Nota Paese" riporta le principali conclusioni relative all'Italia e la sintesi dei risultati a cura dell'INVALSI. Il testo integrale del rapporto è consultabile e scaricabile sul sito web dell'INVALSI.
Per il nostro Segreteario generale, Francesco SCRIMA, i dati OCSE PISA evidenziano la vitalità di un sistema su cui è importante investire.
“Non c’è niente di più inutile e sbagliato che piegare i dati OCSE PISA alle esigenze spicciole della polemica politica, come invece sta puntualmente accadendo. Di chi il merito, se nelle competenze in matematica l’Italia recupera molte posizioni? Considerato che nel periodo preso in esame (2003-2012) si sono avvicendati quattro diversi governi (il quinto, quello attuale, non entra ovviamente nella partita) va consigliata cautela a chiunque volesse intestarsi in esclusiva il merito politico di un miglioramento indubbiamente importante e significativo.
Se proprio se ne vuole indicare un artefice indiscutibile, questo è il lavoro che hanno svolto le nostre scuole, nonostante lo abbiano fatto in condizioni sempre più difficili e pesanti. Né vorremmo si dimenticasse che i progressi ci portano comunque ad attestarci su posizioni inferiori alla media OCSE, mentre al nostro interno permangono gli squilibri ben noti fra aree territoriali. Una situazione ancora carica di problemi, dunque, ma che segnala una vitalità del sistema scolastico, capace nonostante tutto di ottenere risultati; risultati che forse avrebbero potuto essere ancora migliori, se la scuola fosse stata considerata, come chiediamo da tempo, area di investimento e non di tagli.
Sul nesso che lega quantità delle risorse investite e risultati raggiunti, è giusto che si ponga l’accento sulla qualità della spesa, prima che sulla sua entità, purchè non si pretenda di considerare quest’ultima come fattore irrilevante. Si prenda intanto atto che nel periodo considerato (2001-2010) solo Islanda e Messico fanno compagnia all’Italia come unici paesi ad aver diminuito, in area OCSE, il proprio volume di spesa in istruzione (per noi l’8% in meno). Questo, a differenza di tutti gli altri, ci pare uno dei dati non opinabili, di cui prendere atto e rispetto al quale avviare da subito una decisa svolta. Andavano in questo senso, nella presentazione di oggi, anche le parole del sottosegretario Rossi Doria: chiediamo che diventino le parole, e soprattutto i fatti, del governo e del parlamento”.