Lunedì, 31 Dicembre, 2012 - 15:42

In questi giorni viene naturale pensare a quel che è stato l’anno passato e come vorremmo che fosse il nuovo anno. Sono giorni in cui cerco di scorgere segni di cambiamento, ma non sono riuscito a trovare un quid che possa definire un nuovo e diverso approccio alle questioni, qualcosa che sia segnale, indizio di un cambiamento.  Abbiamo ancora negli orecchi “recupero degli scatti 2011”, “spendig review” e, in questi giorni abbiamo potuto leggere lamentazioni sul calo delle vendite, il bollettino dei tagli al personale del pubblico impiego, le dichiarazioni con propositi per “farli lavorare di più” (non meglio!), l’elenco di aumenti di tariffe dal 1° gennaio, …

 

La tradizione, con parole e segni evocativi è pienamente rispettata, una ritualità (e una triste realtà) che accettiamo perché non possa venire meno il senso della festa del passaggio. Per il momento sì alla festa, nonostante tutto, e da domani si ripenserà alla rivoluzione e alla voglia di cambiamento.

Riprendo da “L’anno della morte di Ricardo Reis”, di Josè Saramago:

 

“Oggi è l’ultimo giorno dell’anno. In tutto il mondo retto da questo calendario le persone s’intrattengono a dibattere con se stesse le buone azioni che intendono mettere in atto nell’anno che incomincia, giurando che saranno rette, giuste ed equanimi, che dalla loro bocca emendata non uscirà mai più una parola cattiva, una bugia, un inganno, anche se il nemico se lo meritasse, è chiaro che è degli uomini comuni che stiamo parlando, gli altri, quelli d’eccezione, fuori dall’ordinario, si regolano in base a ragioni proprie per essere e fare il contrario sempre che ne ricavino gusto o interesse, questi sono coloro che non si lasciano illudere, arrivano a ridersela di noi e delle buone intenzioni che mostriamo, ma, alla fine, lo impariamo con l’esperienza, già nei primi giorni di gennaio abbiamo dimenticato metà dei nostri propositi e, avendo tutto dimenticato davvero non c’è motivo di tener fede al resto, è come un castello di carte, se già sono caduti i piani alti, è meglio che rovini giù tutto e si mescolino i semi.”

Eppure c’è qualche fermento (lieviti di cambiamento, voglio sperare): ci sono “primarie” per scegliere candidati alle prossime elezioni regionali e nazionali, ricerca di candidati che possano rappresentare il mondo della società civile, dei cattolici e dei moderati per “governare” in un modo diverso, programmi e agende, ci sono listini, c’è ancora il porcellum, c’è un candidato che non si candida, ci sono nuovi raggruppamenti ma anche coalizioni che si spaccano, c’è chi –a detta di qualcuno-  ha tradito, c’è chi scende e chi sale in politica, c’è un uso maggiore dei social network,  c’è l’internettizzazione della partecipazione per la definizione e la sponsorizzazione dei programmi (con tanto di percorso a punti in base al numero di partecipanti/votanti/aderenti), c’è chi si aspetta un aumento di partecipazione e di interesse, c’è chi dalla scrittura di manifesti passa alla fondazione di partiti, c’è chi si schiera, c’è chi sollecita (soprattutto) i cattolici all’impegno per il bene comune e richiama i “temi sensibili o valori non negoziabili” come metro di giudizio di correnti, posizioni e programmi, c’è chi fa la “scrematura” dei curriculum dei candidati, chi si dà delle regole di candidabilità, c’è chi si sente progressista e chi chiede il posizionamento di altri anche se destra o sinistra o centro non dicono nulla perché non poggiano più su valori e programmi chiari, precisi e condivisi, c’è …

 

… un sindacato che vuole continuare ad avere la possibilità di dire la sua, alla politica e ai partiti, in nome di chi rappresenta e soprattutto in autonomia.

 

Certo fare sindacato in tempo di crisi è una sfida che mette alla prova chi voglia agire nel sociale senza chiudersi nel recinto degli interessi direttamente rappresentati, ma interpretando il suo ruolo con riferimento a un quadro più̀ vasto di attese, cresciute a dismisura in questi ultimi tempi.  In questa fase nella vita politica della nostra regione e del  nostro Paese, una fase in cui coniugare il risanamento con l’equità, la partecipazione dei cittadini e la moralità nella vita pubblica, il contributo del nostro sindacato, la Cisl,  si ferma, com’è giusto che sia per la scelta di autonomia e di pluralismo della nostra organizzazione, alla fase pre-politica.

 

Difendiamo dunque con forza le nostre idee e la nostra azione, usiamole per verificare la coerenza dei programmi elettorali sui quali partiti e candidati chiederanno di essere votati. Vogliamo leggervi, per la scuola e la formazione, un rilancio del ruolo di volani dell'emancipazione socio-economica delle nuove generazioni.

Vogliamo vedere un forte impegno per salvaguardare la scuola come “bene comune, cioè bene sociale, un bene che le persone condividono grazie alla loro attiva partecipazione alla vita della comunità̀; un bene che si rende concreto nell’insieme delle condizioni che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli di raggiungere maturità e autonomia.

 

Leggeremo programmi e agende avendo ben presente l’ambiente di lavoro che ci viene raccontato dai nostri iscritti, ambiente di professioni in subbuglio con frustrazione, demotivazione, solitudine e sottostima sociale mischiate al desiderio di vivere ancora insieme e corresponsabilmente l’esperienza educativa. I tagli agli organici del personale e alle risorse non sostengono cambiamenti sistemici così come il rinnovamento del sistema educativo non passa attraverso meritocrazia applicata a personale e studenti o la concorrenzialità fra istituzioni scolastiche. Reinvestire in professionalità, in qualità dell’offerta, nella sicurezza delle strutture, nell’ammodernamento degli strumenti, in formazione del personale, … sono gli interventi di promozione e incentivazione della scuola e dei suoi operatori che vorremmo vedere.

 

Sviluppo professionale, formazione del personale docente (iniziale e in servizio), modalità di assunzione di tutto il personale della scuola, governance delle scuole e accountability sono punti inseriti nel nostro bloc-notes, annotazioni  che dobbiamo, che vogliamo insieme agli iscritti, ai delegati, riempire di scelte e proposte.

 

Se guardiamo al 2013 con questa prospettiva, la stagione congressuale sarà una grandissima opportunità di rilancio della nostra cultura sindacale, del nostro modo di pensare e progettare la scuola e delle motivazioni all’impegno sociale.

 

Alibi non ne abbiamo. Costruire insieme è il primo proposito che non vogliamo dimenticare. Dipende da noi, solo da noi.

 

 

 

Silvio Colombini

segretario generale CISL Scuola Lombardia

 

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