È una brutta legge quella approvata oggi dal Parlamento, che non risolve ma aumenta i problemi della scuola, ridotta ancora una volta a pretesto per giochi politici fini a se stessi. Il nostro giudizio è pesante sia per i contenuti del provvedimento, sia per il modo in cui è stato gestito il percorso che ha condotto alla sua approvazione. Il governo si assume la grave responsabilità del mancato confronto col mondo della scuola, di cui ha voluto trascurare irragionevolmente il grande patrimonio di idee, competenze, esperienze, professionalità. Sono queste le energie su cui può contare ogni giorno il nostro sistema formativo e che da sempre ne sostengono i più qualificati processi di innovazione.
Il governo invece, convinto che la scuola si possa governare e riformare a colpi di slogan, ha scelto di non tenerne conto, e i risultati si sono visti nel confuso “fa e disfa” con cui ha messo a punto le sue proposte, trasfuse in un provvedimento di legge che spesso rasenta l’incostituzionalità e il cui percorso di approvazione appare segnato da non poche forzature.
Contro questa legge il mondo della scuola, con una coralità senza precedenti, ha manifestato per mesi il suo dissenso, costretto dal governo a percorrere la via della protesta dopo che si è visto negare ogni opportunità di rappresentare e discutere le sue ragioni e le sue proposte.
Sbaglia clamorosamente chi tenta di dipingere le nostre piazze affollate come l’espressione di una resistenza corporativa al cambiamento: su ogni aspetto toccato dalla legge, dalle assunzioni - numero e modalità - alla gestione del personale, alla valutazione, alla valorizzazione del merito, esistono precise e argomentate proposte, elaborate e condivise dalle più accreditate espressioni dell’associazionismo professionale e sindacale, che il governo non ha mai tenuto nella benché minima considerazione. Arroganza e presunzione sono del resto tratti evidenti del suo comportamento, segnato anche da impegni non mantenuti e promesse disattese (da ultimo, quella di una pausa di riflessione da compiersi con una “conferenza della scuola” di cui ovviamente non si è fatto nulla), a cui si è aggiunto più volte il tentativo di far pesare il ricatto delle assunzioni per estorcere il consenso su proposte clamorosamente sbagliate.
Proprio sulle assunzioni, peraltro, sta diventando ogni giorno più evidente che la proposta del governo rischia di rivelarsi un clamoroso bluff: numeri che risultano in gran parte inconsistenti, mentre non lo sono, purtroppo, quelli dei 4.000 posti che la scuola avrà in meno - 2000 docenti, 2000 unità di personale amministrativo e ausiliario – il prossimo settembre. Le stesse farraginose procedure di assunzione sono destinate a innescare un diffuso contenzioso, per ragioni che appaiono evidenti a chiunque abbia un minimo di conoscenza del funzionamento della scuola, oltre che un minimo di buon senso.
Ma si estende in termini più generali il rischio che questa riforma introduca nel sistema non gli asseriti “fattori di sana competizione”, ma preoccupanti e pericolosi fattori di conflitto e tensione, minando alla radice l’idea di scuola come comunità che educa e istruisce, fondata su principi e pratiche di partecipazione, condivisione, collegialità e cooperazione fra le diverse figure professionali.
Noi quell’idea di scuola siamo impegnati ad affermarla e difenderla con determinazione anche rispetto alle modalità con cui si vorrà dare attuazione a questa legge, sia con riferimento agli aspetti di immediata efficacia che a quelli rimessi a successiva decretazione da parte del governo. Soprattutto la difenderemo in sede contrattuale, nell’ambito di un rinnovo del contratto che è la stessa Corte Costituzionale a indicare come doveroso e ineludibile.
Per queste ragioni la nostra mobilitazione, che ha saputo fin qui coinvolgere tanti lavoratori, al di là delle differenti opinioni, sensibilità e appartenenze, non finisce certo oggi, con questa giornata che per il mondo della scuola non può che definirsi pessima.
Roma, 9 luglio 2015
Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola