«Dalla società sale una richiesta di rinnovamento. E io ho deciso di raccoglierlo accelerando il rinnovamento della Cisl dimettendomi da segretario generale».
Raffaele Bonanni darà oggi l’annuncio ufficiale agli organismi interni del sindacato. Lascia la segretaria generale con sei mesi di anticipo rispetto alla scadenza. «Ci ho riflettuto durante le ferie. D’altro canto il processo verso la successione lo avevo già avviato indicando a giugno Annamaria Furlan come segretario generale aggiunto», spiega il leader della confederazione di via Po.
Sì, ma perché ora? Perché qualche mese in più o in meno non conta di fronte all’esigenza di dare anche forma, oltre che sostanza, al cambiamento. Con la scelta di Annamaria Furlan diamo un segnale di discontinuità nella gestione organizzativa, pur nella continuità della cultura sindacale Cisl. Con lei ho condiviso molte battaglie e ci lega, oltre all’amicizia, una visione consonante sui valori che devono ispirare l’azione sindacale. Peraltro, oggi, indicare alla guida del sindacato una donna è una scelta che ha un valore aggiuntivo.
Ma le sue dimissioni sono anche un segno di protesta verso un governo che non vi considera? Ammetto che non mi sono mai trovato in una situazione in cui le rappresentanze sindacali fossero tanto poco considerate. Quel che mi interessa, ripeto, è raccogliere e rimandare i segni di cambiamento che salgono dalla società. Farebbero bene a farlo anche il governo e i politici, però, non solo i corpi intermedi.
Si dimette perché siete vicini alla sconfitta, quasi all’irrilevanza almeno a livello politico? No, il sindacato e la Cisl tantomeno non sono sconfitti. Anzitutto perché le guerre non si vincono o si perdono in un paio di battaglie. E poi soprattutto perché la Cisl è sempre rimasta fedele alla sua ispirazione ideale, sapendola però coniugare in maniera realistica e pragmatica in un mondo come quello del lavoro in costante cambiamento. E lo abbiamo fatto restando fortemente ancorati alla società, non certo in maniera astratta o peggio ideologica.
Eppure c’è chi, come il presidente del Consiglio, vi ha accusato di non aver difeso i precari, di essere solo dei conservatori... Accuse strumentali. La Cisl è impegnata dal 2001 a combattere, oltre al lavoro nero, il precariato in maniera reale e non ideologica. Nel 2001 collaborammo con Marco Biagi per superare lo scandalo delle collaborazioni coordinate e continuative. E siamo poi sempre stati impegnati nel combattere le false partite Iva, le associazioni in partecipazione e tutte le forme di lavoro dipendente mascherate e soggette al peggior sfruttamento. Oggi il governo può dire lo stesso?
Il governo sostiene di voler superare la precarietà con il contratto a tutele crescenti senza la rigidità dell’articolo 18... Si cancelli davvero la precarietà e la Cisl è pronta a mettere in discussione le sicurezze dell’articolo 18. Però se si fa davvero: perché un conto è se si fanno salire tutti i lavoratori nelle tutele, pur facendo scendere alcuni un po’ in termini di sicurezza. Tutt’altro è se ci si limita a togliere sicurezze a tutti senza far progredire nessuno nelle tutele. Insomma, se sono vere "tutele crescenti" siamo pronti a discuterne, se diventa un contratto a "tutele decrescenti" troverà la nostra opposizione.
Al di là della partita sull’articolo 18, la riforma del lavoro si fa senza di voi. Anzi, in aperta contrapposizione ai sindacati indicati come il "vecchio". Un grave errore, la Cisl è forza di cambiamento nella società. Ma l’aspetto più triste in questa vicenda è che le accuse di Renzi al sindacato abbiano trovato una sponda acritica quasi dappertutto. Nessuno che abbia compiuto distinzioni, che abbia analizzato ciò che è accaduto realmente in questi anni. E un mondo dell’informazione così, una società così facilmente dimentica del suo passato più prossimo, non sono un buon segno per il futuro.
C’è parecchia amarezza nelle sue parole... Ma no, sono sereno. Tranquillo con la mia coscienza di sindacalista, anzitutto. Ma anche rispetto al programma che ci eravamo dati all’ultimo congresso Cisl: quello appunto di una profonda riforma organizzativa che ha portato alla netta riduzione delle strutture orizzontali territoriali e porterà entro poco da 17 a sole 7 le categorie.
Ma che cosa rivendica come risultato positivo nei suoi quasi 9 anni di guida della Cisl? Tanti accordi importanti come quelli per la Fiat o sulle regole per la rappresentanza sindacale. Ma soprattutto l’aver fatto crescere la Cisl sempre più autonoma, al servizio della comunità, con una propria radicata e originale cultura del lavoro, basata sui valori di libertà, responsabilità e partecipazione.
Di che cosa invece si rammarica? Di non essere sempre riuscito a esprimere un’azione unitaria con le altre confederazioni. Anche se molte delle intuizioni della Cisl, prima osteggiate – come lo sviluppo della produttività, la contrattazione aziendale, i contratti di solidarietà solo per fare tre esempi – sono diventati patrimonio comune del movimento sindacale.
Dica la verità, Bonanni: si stacca prima per essere libero in vista di prossime elezioni... Non ho mai avuto una grande passione per l’attività politica, soprattutto nelle sue forme attuali. Anche se questo non significa disinteresse, soprattutto riguardo all’organizzazione delle espressioni culturali a me più vicine.
Sì, ma che cosa farà in concreto? Oggi davvero non lo so. Ho bisogno di tempo – libero dai pressanti impegni di adesso – per pensarci serenamente.
Intervista a cura di Francesco Riccardi (Avvenire, 24 settembre 2014)