Martedì, 9 Gennaio, 2024 - 15:00
Di comune accordo con le altre organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del
comparto istruzione e ricerca, rivolgiamo a tutte le Senatrici e Senatori della Repubblica un
appello a voler prendere in considerazione, nell’esaminare il DDL n.615 contenente
“Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario
ai sensi dell’art.116, terzo comma della Costituzione”, le ragioni che ci inducono a chiedere
la piena salvaguardia del carattere unitario e nazionale del nostro sistema pubblico
di istruzione. Si tratta di una richiesta condivisa da tutte le organizzazioni sindacali, pur in
un contesto articolato e plurale di considerazioni e valutazioni che ciascuna sigla, in
autonomia, intende in questa fase porre all’attenzione del Legislatore, ferme restando le
iniziative che singolarmente o congiuntamente sono state nel tempo assunte anche in merito
ai progetti di autonomia differenziata su cui si è sviluppato un intenso dibattito politico già
prima dell’emanazione del DDL oggi in discussione.
Come CISL Scuola, ribadiamo in premessa la piena disponibilità a un confronto aperto e
costruttivo con il Governo e con il Parlamento, per apportare modifiche migliorative al
testo attualmente in discussione, approfittando della finestra temporale offerta dal Decreto
Milleproroghe che sposta in avanti di un anno il termine per la definizione dei livelli essenziali
delle prestazioni (LEP), passaggio necessariamente preliminare all’ avvio della riforma
dell’autonomia differenziata.
Identità e coesione della comunità nazionale
L’appello che proponiamo riguarda un aspetto specifico della riforma e si traduce nella
richiesta che le norme generali in materia di istruzione non siano comprese tra le
competenze trasferibili alle Regioni, allo scopo di salvaguardare il sistema nazionale
d’Istruzione e Formazione, nel suo impianto unitario, come fattore indispensabile e
irrinunciabile per affermare e sostenere, in un contesto di convinta adesione all’Europa, la
piena appartenenza di tutte le cittadine e i cittadini a una stessa comunità nazionale.
Riteniamo in particolare che non debbano essere oggetto della legislazione regionale aspetti
ordinamentali, regolamentari, gestionali, e meno che mai salariali, riguardanti il personale
docente, ATA e dirigente, che devono essere regolamentati in maniera uniforme
sull’intero territorio nazionale. In tal senso, riteniamo che il contratto collettivo di lavoro
non possa accettare derubricazioni regionaliste o territorialiste; allo stesso tempo vanno
evitate ipotesi di decentramento che possano produrre squilibri inaccettabili per quanto
riguarda l’accesso al diritto all’istruzione nelle diverse realtà territoriali del Paese. Crediamo
infatti che una delle finalità principali del sistema pubblico sia quella di garantire ovunque e
uniformemente a tutti l’esercizio del diritto all’istruzione, fondamento su cui si costruiscono
la cittadinanza, la libertà e l’unità del nostro popolo e della nostra comunità.
Un percorso parlamentare partecipato
È a nostro avviso indispensabile apportare altre modifiche al DDL n.615, oltre a quelle
che il testo ha già subito, rispetto alla versione originaria, a seguito dell’esame del
provvedimento da parte della Commissione 1a
(Affari Costituzionali) del Senato, derivanti
proprio dalla necessità di fornire rassicurazioni sulle disparità che potrebbero determinarsi
fra le diverse Regioni, accentuando divari e disuguaglianze di fatto già oggi evidenti e che
in modo esplicito lo stesso PNRR si prefigge di ricomporre. Tali modifiche, in realtà, non
appaiono ancora risolutive, a partire dal fatto che la stessa definizione dei LEP, indicata
come presupposto ineludibile al riconoscimento dell’autonomia alle Regioni,
(originariamente affidata a un atto amministrativo ossia a un DPCM), a seguito di un
emendamento approvato in Commissione viene affidata a un DLGS, atto governativo,
anziché alla legge, come prevederebbe la Costituzione all’art. 117, e come riteniamo
dovrebbe essere per assicurare un percorso parlamentare partecipato.
Le norme generali restino nazionali
Consideriamo come una delle più evidenti criticità insite nel testo di legge la possibilità che
le “norme generali sull’istruzione perdano il loro carattere di competenza esclusiva dello
Stato. Si tratta di un’eventualità che potrebbe determinare, nella definizione di principi e
finalità assegnati al sistema d’istruzione, inaccettabili disomogeneità tra le diverse aree
territoriali, con i riflessi che potrebbero derivarne per la stessa disciplina del rapporto di
lavoro del personale scolastico. Crediamo che ordinamenti, organizzazione del servizio,
modalità di reclutamento del personale, trattamento economico e normativo non possano
essere differenziati a livello regionale ma debbano iscriversi in uno stesso quadro di
riferimento definito a livello nazionale.
Valorizzare le competenze attuali delle Regioni
Considerato che le Regioni godono già di rilevanti competenze politico –
amministrative (calendario scolastico, programmazione dell’offerta formativa,
individuazione e dimensionamento delle istituzioni scolastiche, ecc.), la direzione più
opportuna da seguire è quella di una valorizzazione di tali competenze, fermo restando il
carattere unitario e nazionale del nostro sistema di istruzione, elemento fondante
dell’identità nazionale e della cittadinanza italiana.
Un centralismo che comprime l’autonomia delle scuole
Un’ulteriore preoccupazione riguarda il fatto che, nell’ipotizzato trasferimento di poteri alle
Regioni, la materia “istruzione” (art. 3 del DDL, lettera e) viene indicata superando l’esplicito
riferimento contenuto nell’art.117 della Costituzione, che colloca tale materia tra quelle
oggetto di legislazione concorrente “salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche”. Una
precisazione esplicita, mancando la quale viene meno la garanzia di un riconoscimento
dell’autonomia scolastica nel suo profilo di rango costituzionale, determinando per le
istituzioni scolastiche uno stato di potenziale subalternità ai soggetti che dispongono di
competenze e poteri in ambito locale. È indubbio che il trasferimento alle Regioni di pieni
poteri riguardanti materie quali il reclutamento, la valutazione, la formazione, la mobilità del
personale della scuola, ivi compresi i dirigenti, potrebbe favorire dinamiche di
condizionamento più accentuate di quanto non avvenga in un sistema di dimensione
più ampia e garantito da uno status di autonomia delle scuole costituzionalmente
riconosciuto.
L’effetto sarebbe, in definitiva, quello di un centralismo ancor più marcato, per le
istituzioni scolastiche, di quello ipotizzabile in un sistema governato a livello nazionale, con
grave rischio di condizionamento per la stessa libertà d’insegnamento.
Alla luce delle preoccupazioni e delle considerazioni qui sinteticamente esposte, crediamo
vi siano ragioni sufficienti per escludere l’istruzione dal processo tracciato dal DDL n.
615, salvaguardando il carattere unitario e nazionale del sistema scolastico.
Confidiamo nella possibilità che tali preoccupazioni possano essere attentamente valutate
e tradotte nelle conseguenti indispensabili modifiche al testo del provvedimento di legge in
discussione.
Roma, 9 gennaio 2024
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