Venerdì, 8 Marzo, 2024 - 09:15
Quest’anno, anche alla luce delle numerose violenze e mancati riconoscimenti del
valore e delle capacità femminili, l’8 marzo non può essere una festa, ma una
giornata di ricordo e di lotta per i diritti delle donne. Dev’essere un giorno per
riflettere sulle importanti conquiste ottenute nel corso degli anni e per ribadire la
necessità di continuare a lottare per una reale equità in tutti i settori della società. La
parità di genere è infatti uno dei principi fondamentali su cui dovrebbe basarsi
qualsiasi società democratica e giusta. Purtroppo, in Italia, ancora oggi, siamo lontani
da una reale parità tra uomini e donne in quasi tutti gli ambiti della vita sociale,
politica ed economica.
Un ruolo fondamentale in questo processo di cambiamento spetta evidentemente
alla scuola, che deve essere un luogo di educazione alla parità e al rispetto reciproco.
È importante infatti promuovere una formazione che sensibilizzi i giovani sul tema
delle disuguaglianze di genere e favorisca la consapevolezza e il rispetto delle
diversità. Ma non bastano le parole. Serve che tutti coloro che lavorano nel settore
scolastico ed educativo fungano da esempio concreto e vivo di partecipazione
condivisa, rispetto, garanzia di parità e di identico accesso alle responsabilità.
Un’altra importante sfida a cui dobbiamo far fronte è quella dell’equità salariale.
Ancora oggi, in quasi tutti i settori lavorativi, le donne, per lo stesso tipo di lavoro,
guadagnano meno degli uomini e spesso sono penalizzate dal lavoro familiare che
rimane ancora essenzialmente attribuito alla nostra responsabilità, indipendentemente
dalla presenza di un impegno extradomestico. Questa “doppia presenza” può e deve
essere meglio gestita con tutele e riforme concrete che tengano conto delle peculiarità
e delle difficoltà dell’essere donna. Ci vogliono politiche conciliative aziendali family
friendly e modifiche funzionali del sistema di welfare anche per incoraggiare un
maggior riequilibrio degli oneri di cura all’interno del nucleo familiare. Ciò, tra
l’altro, renderebbe il sistema occupazionale italiano di gran lunga più efficiente e più
concorrenziale, così come dimostrano gli ottimi esiti dei Paesi europei che hanno
legiferato in tal senso molto prima di noi.
Il modello del male breadwinner è in declino in Europa e in tutte le zone del
nostro Paese e soprattutto (e per fortuna) tra le nuove generazioni, ma non è ancora
stato debellato. Ecco perché è fondamentale combattere il patriarcato, un sistema di
potere e controllo che discrimina e opprime le donne in molteplici modi. È necessario
promuovere una cultura della non violenza e del riconoscimento del valore di
ciascuno, contrastare i femminicidi e tutte le forme di prepotenza di genere che
ancora affliggono la nostra società, con leggi e pene certe e severe. Abbandonare il
patriarcato significa perciò smantellare quelle strutture di oppressione ancora esistenti
e rifiutare ogni forma di discriminazione e violenza contro le donne, riconoscendo e
valorizzando il loro ruolo fondamentale nella società.
Solo collaborando e lottando insieme, uomini e donne, possiamo costruire un
mondo più equo, solidale e inclusivo, in cui la diversità sia riconosciuta, apprezzata e
rispettata. È indubbio infatti che uomo e donna siano diversi, perché negarlo? Non
sarebbe né saggio né utile. Le donne non devono imitare gli uomini per parificarsi
nella scala dell’uguaglianza. E non devono farlo perché non ne hanno bisogno.
Sono più che mai convinta che, come disse Aung San Suu Kyi, premio Nobel per
la pace, “Essere pari non significa essere identici”. Uomini e donne sono diversi, ma
complementari e solo riconoscendolo e comprendendolo, si potrà giungere a quella
trasformazione sociale e culturale a cui tutti auspichiamo.
Mariacristina Zarrella
Coordinatrice Donne - Cisl Scuola Bergamo e Lombardia
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