Venerdì, 28 Novembre, 2014 - 11:15
Come ormai noto, in data 26 novembre la Corte di Giustizia ha emesso la sentenza relativa alla reiterazione dei contratti dei docenti a tempo determinato.
Nel merito, dagli argomenti riportati nel testo della sentenza, si evince che per la Corte di Giustizia non è illegittimo che uno Stato abbia una casistica speciale che consenta il rinnovo dei contratti, ma questo rinnovo deve essere giustificato da “ragioni obiettive” (fattispecie di bisogni concreti quali ad esempio il caso di una supplenza in caso di assenza del titolare) e che devono sussistere nella normativa che disciplina il rapporto di lavoro a tempo determinato specifiche regole che consentano un adeguato controllo dell’esistenza delle ragioni obiettive. Tali ragioni obiettive non sussistono nel caso di rinnovi di contratti (30 giugno, 31 agosto) per più di 36 mesi complessivi.
Nella sentenza la Corte di Giustizia afferma a chiare lettere che la normativa italiana è totalmente sprovvista di una regolamentazione che disciplini la stipula di rapporti di lavoro a tempo determinato che garantisca i lavoratori dall’abuso della reiterazione dei contratti e che tale normativa non prevede nemmeno l’ipotesi del risarcimento del danno, pertanto contrasta con le clausole del trattato.
Occorre distinguere tra soggetti che hanno già presentato ricorso al giudice del lavoro da coloro i quali non hanno ancora presentato ricorso per réclamare il riconoscimento del diritto.
Nello specifico, rispetto alla prima tipologia, ricordiamo che per:
- I soggetti che sono parti in ricorsi attualmente pendenti in primo grado/appello/Cassazione devono attendere la pronuncia di merito, che presumibilmente dovrebbe tener conto della posizione espressa dalla Corte di Giustizia.
- I soggetti nei cui confronti è stata pronunciata una sentenza di primo/secondo grado di rigetto non ancora passata in giudicato gli avvocati di parte dovranno proporre l’appello/ricorso in Cassazione chiedendo l’applicazione del principio affermato nella sentenza (conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato/risarcimento del danno).
- I soggetti nei cui confronti è stata pronunciata una sentenza di primo/secondo grado di rigetto passata in giudicato potrà essere proposto ricorso solo avverso nuovi contratti a tempo determinato che comportino nuovamente il superamento del limite di trentasei mesi.
Rispetto alla seconda tipologia: il personale che non ha ancora presentato il ricorso, può avviare un contenzioso nei seguenti casi:
- I soggetti che non hanno ancora presentato ricorso, ma che sono attualmente titolari di un contratto a tempo determinato, nel caso in cui abbiano superato il termine dei trentasei mesi previsto dalla normativa comunitaria. In questo caso tali soggetti possono impugnare il contratto al fine di chiedere la conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato/risarcimento del danno;
- I soggetti che sono stati titolari di contratti a tempo determinato, con rinnovi che nel tempo abbiano superato complessivamente i trentasei mesi, e non abbiano ad oggi ancora impugnato l’ultimo contratto.
Le nostre sedi territoriali/provinciali mettono a disposizione il servizio di consulenza per informazioni e avvio della procedura di contenzioso. Si raccomanda di accedere al servizio offerto agli iscritti con la documentazione necessaria a sostenere il diritto reclamato (contratti a tempo determinato).