Si è svolta oggi, martedì 10 ottobre, un'audizione informale dei sindacati presso la VII Commissione della Camera dei Deputati (Cultura, Scienza e Istruzione), in merito alla proposta di legge (C. 678 Amorese) che ha per oggetto l’abolizione del limite numerico minimo di alunni per la formazione delle classi in determinate aree territoriali (comuni montani, piccole isole, con presenza di minoranze linguistiche). Per la CISL Scuola è intervenuta Paola Serafin, componente della segreteria nazionale, illustrando le considerazioni che come di consueto sono state raccolte in una memoria scritta depositata agli atti della Commissione.
Ad avviso della CISL Scuola, sugli interventi prospettati (ovvero la possibilità di derogare, in determinati contesti territoriali, al numero minimo di alunni per la costituzione di una classe), grava anzitutto la pesante ipoteca derivante dal vincolo dell'invarianza dei costi entro cui le misure previste dovrebbero essere adottate, con l’ovvia conseguenza che l'eventuale riduzione del numero di alunni in alcune realtà richiederebbe una compensazione di segno contrario in altri contesti territoriali. Ciò evidenzia, secondo la CISL Scuola, il carattere molto parziale ed episodico di misure che andrebbero invece ricondotte a una più ampia visione d'insieme e supportate da adeguate politiche di investimento.
In presenza di un'emergenza educativa che si manifesta in modo più acuto in determinate aree del Paese, ma la cui diffusione è ben più ampia, l’obiettivo di favorire – anche evitando il sovraffollamento delle classi – la personalizzazione degli interventi formativi non può essere limitato ad ambiti territoriali circoscritti, ma esige un impegno che coinvolga il sistema nel suo complesso.
Tenuto conto delle indicazioni che da ultimo sono scaturite dalle rilevazioni OCSE, è poi indispensabile agire quanto più possibile con azioni preventive, che non possono essere limitate alla sola scuola secondaria, ma devono vedere coinvolte anche la scuola dell’infanzia e quella primaria.
La CISL Scuola segnala infine la necessità di porre a livello legislativo, con adeguati stanziamenti di risorse, le condizioni perché in sede contrattuale sia possibile prevedere forti incentivi, anche economici, a chi sceglie di lavorare nelle aree territoriali di più forte criticità.