Se si esclude dal conto il numero degli insegnanti che si sono trasferiti non per propria volontà, ma perché in esubero sulla loro scuola, sono poco più di 40.000 i movimenti, a fronte di un organico che supera abbondantemente gli 800.000 posti. Se ne deduce che a compromettere la continuità didattica non è tanto la mobilità del personale di ruolo, che incide per una percentuale davvero modesta, ma l’abnorme numero di contratti precari, che si aggira anche quest’anno sui 200.000.
Non conosciamo ancora il dato, ma è facilmente intuibile che fra i trasferiti sia molto ridotto il numero dei docenti neo assunti: ciò dimostra come abbia ben poco senso l’insistenza con cui ci si accanisce nei loro confronti con norme che li assoggettano a vincoli, la cui effettiva incidenza sulla continuità didattica si rivela, dati alla mano, assai poco rilevante.
Lasciare che sia il contratto a decidere su come incentivare la continuità, e non la legge, sarebbe senz’altro la soluzione più ragionevole, da accompagnare con politiche del reclutamento che favoriscano la stabilità del lavoro. Più ancora dei diretti interessati, ne guadagnerebbe la funzionalità del sistema scolastico.
Roma, 24 maggio 2023
Ivana Barbacci, segretaria generale CISL Scuola